LO SPASMO CORONARICO
Lo spasmo coronarico è legato ad una contrazione repentina della parete muscolare che avvolge i vasi coronarici che determina a sua volta una brusca riduzione al flusso sanguigno a valle proprio come se ci fosse un’occlusione.
È il processo alla base dell’angina vasospastica.
Questa patologia causa dolore al torace di tipo anginoso, quindi di origine cardiaca e nello specifico legato alle coronarie.
Lo spasmo coronarico è conosciuto in ambito cardiologico con il nome di angina di Prinzmetal, è un ‘fenomeno’ raro e per questo si tende a sottovalutarlo nel corso di diagnosi a pazienti con sintomi simili.
Ad origine di questo quadro clinico vi è l’eccesso patologico di riflessi che regolano contrazione e rilasciamento della muscolatura che circonda i vasi arteriosi coronarici.
A costruire la parete di questi vasi saranno 3 strati, le tonache, che partendo dalla parte più interna, sono l’intima, la media e l’avventizia.
Nella tonaca media, vi sono numerose fibre muscolari lisce che contraendosi e rilasciandosi, rispondendo a stimoli inviati dal sistema nervoso centrale, faranno mutare il diametro del vaso e conseguentemente anche il flusso sanguigno.
Può capitare che questi riflessi possano alterarsi scatenando un’eccessiva contrazione delle fibre muscolari lisce che circondano le coronarie, in tal caso saremo in presenza di vasospasmo.
Si avranno restringimenti che scateneranno sintomi simili a quelli causati da malattia aterosclerotica, ischemia nella zona interessata e di conseguenza angina.
I restringimenti determinati dal vasospasmo sono temporanei e reversibili, sono risolvibili spontaneamente o mediante trattamento farmacologico.
Tra i sintomi tipici dello spasmo coronarico, vi è l’angina pectoris con tutti i sintomi annessi e connessi; dolore toracico e nella zona retrosternale, dolore alla bocca dello stomaco e agli arti superiori.
Sintomi che, possono palesarsi anche a riposo, ma a scatenarli possono essere anche freddo e alimentazione. Il freddo è da considerarsi tra i principali fattori scatenanti degli eventi vasospastici.
Potrebbe accadere che a seguito di episodi di vasospasmo, possano verificarsi occlusioni coronariche acute, in grado di scatenare infarto miocardico, nei casi più gravi si può arrivare ad avere arresto cardiaco.
Il dolore toracico, si può presentare in maniera cronica o acuta.
Nei casi cronici, verranno eseguite anamnesi, ECG a riposo e in alcuni casi anche esami che generalmente vengono eseguiti nelle ischemie miocardiche.
L’esecuzione della prova da sforza, dell’ecostress e della scintigrafia miocardica, risulteranno alterati in quanti avranno angina vasospastica indotta da sforzo fisico.
Nei casi acuti invece verrà analizzato ed inquadrato il dolore toracico in pronto soccorso; questi pazienti avranno alterazioni nell’elettrocardiogramma che indirizzeranno la diagnosi verso sindrome coronarica acuta, verranno quindi sottoposti ad esame coronarografico.
Mediante la coronarografia sarà possibile escludere la presenza di probabili ostruzioni, associabili ad aterosclerosi e trombi intracoronarici.
Alla diagnosi di angina vasospastica si arriverà mediante:
evidenza di stenosi coronariche che regrediscono a seguito della somministrazione di farmaci vasodilatatori quali i nitrati per via intracoronarica.
evidenza di coronarie esenti da stenosi significative. Al fine di avere una diagnosi dovranno essere eseguiti dei test con vasocostrittori; metodo però praticato in pochissimi casi, per scongiurare eventi avversi.
L’angina vasospastica, vedrà come trattamento farmacologico vasodilatatori calcio-antagonisti; nei casi in cui c’è rischio di arresto cardiaco, bisognerà valutare l’impianto di un pacemaker.
La prognosi dello spasmo coronarico, in genere è benigna, escluse le forme che tra i sintomi presentano sincope, aritmia e arresti cardiaci.
Per quanti affetti da spasmo coronarico, è consigliato evitare eventi che possano risultare scatenanti quali freddo, fumo, assunzione si sostanze stimolanti.
E’ necessario seguire la terapia farmacologica, monitorare i fattori che possano rappresentare rischio cardiologico al fine di evitare che oltre ai fenomeni vasospastici si abbiano anche fenomeni aterosclerotici.
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